Giuseppe Vorro svela i segreti di “Su Queste Parole”: un viaggio nell’anima della canzone

Nell’intimità di un’atmosfera carica di nostalgia e riflessione, Giuseppe Vorro ci svela i segreti dietro “Su Queste Parole”, un brano intriso di emozioni intense e di struggente sincerità. La canzone, nata in un momento di sconforto e stanchezza durante gli anni giovanili del cantautore, si rivela un viaggio terapeutico attraverso la musica.

Com’è nata la tua passione per la musica e quali sono gli artisti che hanno maggiormente influenzato il tuo percorso artistico?

La mia passione per la musica è nata nella preadolescenza grazie alla chitarra di mio padre e al fatto di avere assorbito quei suoni che durante l’infanzia sentivo per la casa quando suonava le sue canzoni napoletane. In quel periodo quella chitarra divenne praticamente la mia finchè più avanti negli anni, ma ancora molto giovane, ne comprai una tutta per me. Una Eko acustica nera che ovviamente ho ancora. Lucio Battisti docet.

Quando hai iniziato a sentire la necessità di raccontare la tua vita in musica?

Subito appena presi in mano la chitarra ho iniziato a sviluppare cose mie dapprima inventando semplicissimi riff e poi iniziando a costruire, una volta imparati alcuni accordi, piccole canzoni che riassumevano il contenuto di alcuni libri che avevo letto e mi erano piaciuti. Infine, quando cambiammo casa e mi ritrovai a ricominciare da capo con le amicizie sviluppai il piacere di passare le giornate a comporre canzoni più complesse.

Qual è il tuo primo ricordo legato alla musica?

Ricordo che mio padre mi portava a casa dei suoi amici in cui si riunivano con gli strumenti musicali e suonavano il loro repertorio di musica popolare. Inoltre, ricordo benissimo alcuni momenti di infanzia in cui soffrivo di forti mal di testa e mio padre cercava con il suono della chitarra di alleviare il dolore e devo dire che ci riusciva.

Parliamo del tuo nuovo singolo. Quali sono i temi trattati e cosa ti ha spinto a scegliere questo titolo?

È stato scritto quando ero poco più che ventenne in un momento di sconforto scaturito da un percorso intrapreso di notevole difficoltà e fuori dagli orizzonti della mia estrazione sociale. Quindi ecco gli ostacoli apparentemente insormontabili e la parziale solitudine nel percorrere questa strada. La musica mi ha aiutato a sfogare la mia compressione emotiva e in un pomeriggio invernale presi in mano la mia chitarra nera e con due accordi aperti in ripetizione tirai fuori le strofe e il prechorus delle canzoni. In seguito nei giorni successivi la completai. Sentii subito che si trattava di un ottimo pezzo. Così entusiasta lo stesso giorno sono andato nello studio di Alberto Radius che in quel periodo un po’ frequentavo ma purtroppo lui era assente. Volevo fargliela sentire e sentire il suo parere.

Come artista, quanto è importante la ricerca e la sperimentazione di nuove sonorità?

È fondamentale perché bisogna sempre cercare nuove strade e nuovi suoni e mai fermarsi a qualche risultato raggiunto perché inevitabilmente si diventa sterili e innocui. A me piace anche addentrarmi in uno sviluppo armonico poco praticato e strutture architettoniche musicali che mi affascinano nei loro rimandi non convenzionali.

Qual è l’insegnamento più importante che hai appreso fino adesso dalla musica?

Penso che comunque bisogna mantenere una certa comunicabilità e non chiudersi nel proprio mondo avverso all’esterno. Ho nel cuore il ricordo di mio padre e i suoi amici che suonavano per il piacere di fare musica e questo mi da serenità. Ma non bisogna confondere la comunicabilità con la commerciabilità. Non bisogna ammiccare per prendersi i propri rischi.

Qualche novità che vuoi condividere, in anteprima, con i nostri lettori?

Nel 2024 ci sarà un disco di inediti frutto anche di qualche collaborazione abbasta importante, ma non solo.

 

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